La flussimetria fetale è un esame che può essere effettuato, a vescica vuota, a partire dalla 28esima settimana di gravidanza fino al termine. Per la sua esecuzione si utilizzano un doppler pulsato, un ecocolordoppler e un energy colordoppler. Raramente, e solo se il ginecologo che esegue l’esame lo ritiene necessario, si effettua un’osservazione con una sonda transvaginale.
Non si tratta di un esame lungo o fastidioso; la sua durata è infatti di soli 15-30 minuti. La flussimetria fetale và ripetuta più volte a giudizio del ginecologo curante.
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Perché eseguirla
La flussimetria fetale è indubbiamente la più valida metodica oggi disponibile per analizzare lo stato di salute intrauterino del feto. Essa prende in esame in maniera articolata diversi parametri relativi ai vasi fetali, tra cui:
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elasticità dell’arteria ombelicale;
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elasticità dell’arteria aorta fetale;
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elasticità dell’arteria cerebrale media fetale;
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elasticità dell’arteria carotide fetale;
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velocità e accelerazioni nei distretti cardiaci fetali;
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sfigmogrammi venosi fetali (dotto venoso, cava e vena ombelicale).
A cosa serve
Lo scopo della flussimetria fetale è quello di individuare precocemente l’insorgenza di una ipossia cronica nel feto. Permette dunque di scongiurare l’insorgere di una condizione di asfissia e di danni ipossico-ischemici.
L’esame è di fondamentale importanza sia nel monitoraggio della gravidanza fisiologica che, a maggior ragione, di quella a rischio. L’esame va ripetuto e consigliato a seconda del caso, a giudizio dell’ostetrico curante.
In quale misura questo esame dipende dall’esperienza e dalle capacità dell’operatore:in misura totale. Tale esame è affidato esclusivamente ad un operatore molto esperto. Solitamente un ginecologo perinatologo che ha seguito uno specifico training e che si occupi di medicina fetale.